Alzi la mano l’albino che non si sia sentito brutto almeno una volta nella vita? Non credo che esista, o nell’infanzia, o nell’adolescenza, o nell’età adulta o per tutta la vita gli albini hanno un rapporto un po’ difficile con il proprio aspetto fisico.
C’è chi l’albinismo fisico (perché secondo me c’è un albinismo fisico e un albinismo clinico) cerca di nasconderlo il più possibile e chi lo lascia lì e ne fà un vanto e addirittura un hobby o un lavoro.
Certo è che tutti noi per diversi anni della nostra vita abbiamo identificato questa malattia solo con “Sono bianco e diverso dagli altri”, o semplicemente “Sono diverso dagli altri, chissenefrega se non vedo bene”. Come in tutte le condizioni patologiche il problema è spesso l’idea di essere diversi piuttosto che la patologia in sé. Ecco perché molte sensazioni sono in comune con quelle di altre persone che in un modo o nell’altro sono o si sentono diverse.
Il mio rapporto con il mondo della moda e dello spettacolo
Vi ho parlato delle storie di alcuni albini diventati famosi nel mondo, molti di loro nel campo della moda, ormai sfilano e posano per stilisti e riviste interazionali e utilizzano il loro successo per sensibilizzare le persone sul tema del bullismo e del body-shaming. Oltre a loro che sono famosi a livello mondiale ci sono altri albini, anche bambini, che hanno cominciato a muovere i primi passi verso il mondo dello spettacolo riscuotendo una certa popolarità a livello più locale.
Ora vi dico la mia opinione su questo e ve la dico da ex bambina che sognava di diventare famosa, calcare palchi e intrattenere folle. Io volevo essere la bambina e ragazzina delle pubblicità di qualcosa, qualsiasi cosa, io volevo partecipare allo Zecchino d’Oro non solo come cantante ma sarebbe andato bene anche come coro. Io ero quella che quando vedeva una telecamera ci si ficcava subito davanti sperando di andare in mondovisione e che tutto questo non l’ha fatto.
Non l’ho fatto perché i miei genitori avevano altro per la testa che stare dietro alle mie manie di grandezza, avevano già abbastanza problemi loro per cui portarmi all’Antoniano di Bologna non rientrava certo tra i loro primi dieci obiettivi. Eppure ero divertente, avevo una voce discreta, talento per la scrittura, propensione alla battuta, un forte senso per la comicità, un aspetto d’impatto, voglia ed entusiasmo, ballavo, cantavo e recitavo (beh ballare un po’ meno, ero un po’ negata) ma il resto c’era, mi piaceva fare imitazioni e lo facevo dei miei compagni di scuola, mi inventavo film e serie a puntate, spot pubblicitari, concorsi ecc.
La passione per lo spettacolo l’ho quindi poi coltivata da grande incanalando tutto sulla musica. Quello che ho fatto però l’ho fatto con molto realismo e consapevolezza, non sognavo più di diventare famosa, ma solo di realizzare un desiderio, come quando ho inciso un mio brano (qui trovate il video). Crescendo la mia fascinazione ossessiva nei confronti del mondo dello spettacolo si è andata mano a mano affievolendo, notando come spesso tendeva a snaturare le persone e vedendo che non era proprio tutto rosa e fiori. Mi ero innamorata del pacchetto insomma, non del contenuto. E scoprendo me stessa ho capito che io non amo sentirmi dire quello che devo fare o scendere a compromessi di qualsiasi tipo.
Detto questo anche io mi sono lasciata prendere dal vortice degli shooting fotografici e ho cavalcato l’onda del “tutti modelli e tutti fotografi” che c’è da un po’ di anni a questa parte e non nego che queste esperienze hanno sicuramente nutrito con qualche boccone succulento il mio ego. Solo l’ego però.
Finalmente l’albinismo diventava un pregio, anche se io in realtà cercavo di fuggire questa etichetta e difficilmente rispondevo ad annunci in cui si cercava una ragazza albina che poi veniva puntualmente fotografata con una vestaglia bianca, la coroncina di fiori, l’espressione seria e un bosco alle spalle solo per il capriccio del fotografo di turno che amava il fantasy e a suo avviso aveva trovato il soggetto perfetto per realizzare le sue fantasie.
I bambini albini modelli per “riscatto”
Ci sono diversi bambini albini che posano per shooting, riviste e spot pubblicitari, alcuni di loro sono anche arrivati a livelli più alti lavorando con brand ed agenzie famose, ma non è questo il punto.
Premetto che quello che penso dei bambini albini modelli è la stessa cosa che penso di qualsiasi altra baby star, nel senso che sono un restia al successo in età precoce e soprattutto al successo non controllato. Quel tipo di successo fine a se stesso, spesso voluto più dai genitori che dai figli, quel tipo di successo lì che non è la naturale conseguenza di una passione ma è il culto dell’immagine. L’essere famosi per essere famosi. Punto.
Molti genitori, giustamente orgogliosi dei loro bambini prodigio, portano come motivazione di questa scelta il concetto del riscatto. Il riscatto da un passato difficile. E queste sono storie che piacciono molto ai media, la classica parabola dell’eroe che parte sfortunato e svantaggiato, tutto gli rema contro finchè un bel giorno non arriva il suo momento, il momento in cui dimostra al mondo il suo valore e finalmente gli viene riconosciuto. È pieno di storie di questo tipo dall’antica Grecia ai nostri giorni, quanti personaggi celebri tendono a rimarcare il loro passato umile nelle interviste:” Prima di diventare famoso ho fatto il cameriere e il lavapiatti”, che poi più umili sono e più hanno presa sul pubblico “Ho fatto centinaia di provini e mi rifiutavano sempre”, poi per le donne c’ è l’evergreen “Mi dicevano che ero troppo magra/grassa/formosa/alta/bassa/brutta ecc.
Sophia Loren e Lino Banfi ancora oggi parlano della loro infanzia in cui letteralmente facevano la fame. Addirittura si dice che Alchille Lauro abbia inventato totalmente le sue umili origini per sembrare più credibile e fare presa su un certo tipo di pubblico quando in realtà pare venga da una famiglia alto borghese della Roma bene. I coatti, gli squattrinati, i ragazzi di periferia, gli ex bullizzati, le ex donne in sovrappeso, quelli che hanno subito violenze hanno davvero più probabilità di avere successo e di diventare famosi e quindi anche gli albini, e io a questa cosa ci credo sul serio e questa volta senza nessuna vena polemica perché credo profondamente nella forza del senso di riscatto.
C’è una cosa però a cui non credo, ossia che il riconoscimento pubblico sia la soluzione a certi mali.
Bastano davvero delle foto dove sei ben truccata a eliminare la rabbia o il senso di inferiorità? Per esperienza penso di no.
Se l’albinismo ti ha causato problemi nel tuo passato e questa cosa è stata interiorizzata in un certo modo non c’è foto che tenga! Il riconoscimento esterno può smuovere qualcosa e dare un po’ di respiro ma non sarà la soluzione, soprattutto per i bambini che ancora non hanno iniziato il loro processo di consapevolezza. L’applauso del pubblico, i like sotto le foto e nemmeno qualche compenso monetario non varranno mai quanto una vera e propria presa di consapevolezza.
Quando io ero piccola non si chiamava body shaming ma sempre di quello si trattava: prendere in giro o emarginare qualcuno per il suo aspetto fisico. Tutti gli albini, soprattutto gli albini oculocutanei, dall’aspetto decisamente appariscente, hanno subito atti di bullismo o comunque hanno avuto qualche difficoltà in più nell’ integrazione sociale.
In poche parole è normale che una persona albina si senta diversa e a volte brutta, in qualche periodo della sua vita ed è naturale che la fotografia possa aiutare a sentirsi più belli e più desiderabili.
Prima di diventare modelli e modelle albine: l’autostima viene dalla consapevolezza
Lo so, è più facile a dirsi che a farsi e soprattutto sembra davvero una frase fatta, della serie “Devi credere in te stesso, solo tu puoi aiutarti ecc” in realtà non credo sia così banale la cosa.
Quello che voglio dire è che prima di arrivare alle foto e alla popolarità secondo me è necessario essere davvero consapevoli di se stessi. Va benissimo fare le foto e divertirsi, e anche farlo diventare un vero lavoro, come hanno fatto i modelli albini di cui ho parlato in questo articolo, però credo sia sbagliato delegare tutta la responsabilità del proprio riscatto a delle fotografie o al consenso degli altri. Non è che se gli altri ti dicono che vali allora hai valore, mentre se ti dicono che non vali allora automaticamente perdi di valore.
Avremmo comunque modo di approfondire meglio questi argomenti nelle prossime settimane con l’aiuto di un’esperta, la Dott.sa Giulia Segurini di Intenzionalmente, ricercatrice e neuropsicologa. Se rimani connesso anche tramite il canale Tiktok annunceremo presto la data e la piattaforma della live.
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