È uno dei tanti miti sull’albinismo oppure c’è qualcosa di vero sul fatto che le persone albine e in generale con problemi di vista importanti abbiano un udito più sviluppato?
Da bambina me lo dicevano spesso i miei genitori che avevo un super udito, in particolare sentivo meglio il ronzio degli insetti: ” C’è un’ape nel sacchetto” dicevo indicando la busta della spesa posata per terra e alla fine mia madre doveva ammettere che c’era veramente nonostante ad alta voce mi rassicurava con un “Ma no, è solo il sacchetto”.
A dire la verità ancora oggi è così per me e questo fenomeno mi ha portato a chiedermi se questo dipendesse davvero dai problemi di vista e dall’ipovisione.
Albinismo e udito – questione di adattamento
Quello di cui parlo sopra e che capita nella mia vita senza che nemmeno me ne accorga più di tanto accade in realtà a tante altre persone ipovedenti e non vedenti, e capita non solo sull’udito. Un altro senso che spesso utilizziamo in maniera marcata è il tatto.
Già questo mi ha fatto pensare che non ci fossero basi scientifiche e soprattutto meccaniche, cioè non è che il timpano di un albino nasce più “dotato” ma semplicemente la capacità uditiva si sviluppa maggiormente per rispondere ad un’esigenza che a volte diventa emergenza.
Quante volte a scuola ero quella che ricordava cosa i professori avevano appena detto e lo appuntavo mentre i miei compagni erano ancora lì ad aspettare che venisse scritto alla lavagna per copiarlo, erano in modalità “relax” perché sapevano che non bisognava memorizzare nulla mentre io ero come si dice “tutta orecchie” per ricordare ogni singola parola ed evitare l’intoppo di aguzzare la vista senza vedere cosa ci fosse scritto. Ovviamente non ti va sempre così bene, qualche pezzo te lo perdi, le formule chimiche e matematiche ad esempio, le espressioni algebriche, quelle purtroppo vengono scritte e non dette ma comunque l’udito è stato un mio grande alleato a quei tempi.
Dopo questa e tante altre esperienze personali sono arrivate le conferme dagli studi ufficiali, ossia l’effetto Ray Charles esiste davvero ma appunto ha origine nella natura adattativa che hanno le persone con una disabilità sensoriale e per compensazione utilizzano i sensi rimanenti in maniera amplificata.
Albinismo e udito – dove non arrivano gli occhi arriva l’orecchio
Nei miei tragitti casa-lavoro viaggio quasi sempre con le cuffie alle orecchie ascoltando musica o qualche podcast ed è incredibile come al momento di attraversare la strada avverta come un temporaneo senso di insicurezza che si traduce anche nei movimenti più prudenti, e che magicamente svanisce se spengo la musica o mi tolgo le cuffie. Altra conferma di quello che dicevo sopra: venendo a mancare la vista ecco che l’udito diventa indispensabile tanto da confondere se manca anche lui (nel traffico è molto utile per accorgersi di una macchina che passa anche in lontananza.
Una sera stavo raggiungendo degli amici ad una festa serale al parco con musica e buon cibo, solo che il parco non era per nulla illuminato ed io non conoscevo il posto, non c’erano punti di riferimento per me ed ora che ci penso mi faceva anche un po’ paura quella zona e quel parco immenso ed isolato senza un anima viva se non qualche rider che sfrecciava per le consegne di cibo.
Proseguivo sempre dritto senza una meta fino a che, per fortuna, ho sentito della musica e ho cominciato a seguirla fino ad arrivare a meta.
E che dire di quanto sia utile un buon orecchio quando una persona tra la folla ti chiama per nome ma tu non vedi dove si, ma senti la direzione della voce per cui sai almeno se rivolgerti verso destra, sinistra o guardare avanti a te?
A me piace dire che il mio sesto senso in realtà è il quinto!!
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