Abbigliamento anti UV: un’alternativa alle creme solari?

Per abbigliamento anti UV si intende quel vestiario che ha la funzione di proteggere il corpo umano dai danni dei raggi ultravioletti. È particolarmente adatto a chi svolge attività all’aria aperta come i lavoratori dei cantieri, muratori ecc ma anche agli sportivi e alle persone che hanno specifiche problematiche della pelle (fotosensibilità, depigmentazione ecc).

Il materiale di cui è composto è molto vario e possiamo andare dal più naturale cotone fino alle fibre sintetiche. Non è quindi il materiale grezzo di partenza ad essere anti UV ma bensì la tessitura e gli intrecci con cui questi tessuti sono lavorati per generare il prodotto finito.
Oltre al vestiario (mute, costumi da bagno, cappelli, magliette, pantaloni) esiste anche tutta una gamma di accessori quali ombrelloni da spiaggia, gazebo e tende da spiaggia, pensati soprattutto per i bambini ma che vanno bene anche per gli adulti.

C’è da dire, purtroppo, che l’Italia, pur essendo un Paese piuttosto soleggiato e caldo, soprattutto nel sud, è ancora un po’ indietro sulle normative e sulla cultura della Sun protection rispetto ad altri Paesi europei.

Un articolo di Altroconsumo mi ha chiarito le idee su come trattare questi prodotti e su come scegliere quello giusto, perché, se uno sportivo (mettiamo, un’appassionato di vela) sceglie una muta anti UV con UPF 30 e si arrossa un po’, non succede nulla di grave; se lo fa un albino che si è fermato anche solo un’ora sotto il sole il risvolto è diverso.

La risposta alla domanda del titolo invece è NO, gli indumenti anti uv non sostituiscono le creme solari che sono il primo e più importante filtro contro i raggi ultravioletti. Gli indumenti vanno ad implementare e completare l’azione. È molto grave pensare di scamparsela con una maglietta con etichetta dichiarante UPF 50+ e crogiolarsi sotto il sole senza crema.

Differenza tra UPF e SPF

L’UPF è un parametro che valuta i tessuti, gli indumenti insomma, ed esamina il grado di protezione degli stessi. La Skin Cancer Foundation ha stabilito che il minimo livello di protezione accettato da un tessuto per essere considerato anti UV è UPF 30, ma ovviamente questo parametro è stato definito sulla base di un utilizzo per persone sane, permettimi il termine, quindi dotate di melanina, che sono semplicemente costretti, per lavoro o per hobby, a trascorrere diverse ore del giorno all’aperto e sotto il sole.

Di sicuro l’abbigliamento anti uv non è nato per noi quattro gatti di albini. Detto ciò noi dobbiamo puntare all’acquisto di abbigliamento ed accessori che abbiano la massima protezione possibile, ossia 50+.
L’SPF invece valuta le creme solari o in generale i prodotti ed esamina dopo quanto tempo un certo fototipo di pelle si scotta con l’utilizzo di quel prodotto, in paragone a quanto tempo servirebbe alla stessa pelle per scottarsi, in assenza di quel prodotto.

Abbigliamento anti UV – come leggere l’etichetta

L’articolo sopra citato riporta il fatto che purtroppo non tutto ciò che viene dichiarato corrisponde effettivamente a verità. Sono ancora molti a dichiarare un 50+ che poi magari è appena un 30 (quindi nemmeno raggiunge il minimo valore sindacabile per essere classificato un dispositivo di protezione individuale di fascia 1.).
Come scegliere con saggezza dunque?

Esiste un protocollo di valutazione specifico chiamato UV 801 (segnatelo mi raccomando) che esamina i tessuti anche in condizioni non standard, quindi bagnati e usurati per verificare che le proprietà filtranti siano ancora attive e al livello dichiarato.

Se un brand utilizza questo protocollo solitamente lo espone nell’etichetta del prodotto, ma la brutta notizia è che farai fatica a trovarlo perché la maggior parte dei brand sceglie di utilizzare protocolli più sbrigativi come l’ISO EN13758-2 che esamina i capi da asciutti e nuovi e non tiene in considerazione l’utilizzo che un essere umano ne può fare nel tempo.

Il protocollo UV standard 801, che purtroppo non è ancora obbligatorio, ha lo scopo di ricreare 6 diversi scenari di utilizzo di un capo o tessuto:

1. allungamento del tessuto
2. abrasione del tessuto
3. contaminazione del tessuto
4. usura del tessuto
5. lavaggio del tessuto con acqua
6. bagnatura del tessuto con sudore

Dedicherò il prossimo articolo alle specifiche su come lavare e stirare i tessuti anti UV e ti darò alcuni consigli su prodotti specifici.

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Nero su Bianco

Mi chiamo Roberta e sono nata con albinismo oculo-cutaneo. Oggi parlo ai genitori, agli educatori, ai medici e a tutta la popolazione perchè vorrei un mondo consapevole, preparato e accogliente.

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