Non ci crederete ma nella mia vita non sono ancora riuscita a identificare esattamente e con precisione tutte le caratteristiche della gattamorta o gatta morta, questo essere quasi soprannaturale di cui tutti parlano oggi ma che in realtà esiste dalla notte dei tempi.
Nonostante sia convinta di aver incontrato delle gatte morte non credo di averle riconosciute a colpo d’occhio, magari ho confuso il trucco semplice o pesante, magari mi sono fatta ingannare da una voce bassa e soave invece che guardare il comportamento ed il risultato finale, in ogni caso mi sono lasciata andare a questa considerazione contorta ma che viene dal mio animo più profondo e ho voluto condividerla qui con voi per cui vi chiedo di seguirmi nel discorso e dirmi cosa ne pensate.
Vediamo cosa c’entra l’albinismo con il concetto di gattamorta.
Chi è la gatta morta e cosa c’entra con l’albinismo?
Ho scoperto solo di recente il significato reale di questo termine, prima di allora pensavo che la gatta morta fosse una donna priva di personalità, ma priva per davvero, non una astuta volpe abile nel fingere. E invece no, il dizionario dice che quella è solo l’apparenza, la gatta morta è colei che dietro la parvenza di semplicità e dimissione cela una strategia di conquista ben mirata.
In ogni caso mi sono ritrovata a pensare che essere albini e nel mio caso specifico essere una donna albina e prima una ragazza albina avrebbe dovuto portarmi enormi vantaggi in questa società secondo la logica che chi è indifeso e debole tende a essere giustificato, coccolato, protetto e amato. Io penso che alcune donne sarebbero felici di essere albine fuori, dico sul serio e ne ho le prove, non solo perché i nostri colori ricordano quelli delle fate (che poi boh) ma soprattutto perché il nostro aspetto è quello di chi parte svantaggiato, di chi non vede ed è costretta a farsi aiutare, a dipendere dagli altri, a chiedere, di chi può risvegliare l’istinto protettivo dell’altro.
C’è solo un piccolo problema, che la mia personalità non è affatto da gatta morta, io sono quella che non sa aspettare, non mette in atto strategie, e che agisce in maniera spontanea e quando sono timida e imbranata lo sono veramente, la differenza sta nel fatto che non vorrei esserlo. Non fa parte di una strategia per conquistare la società, la mamma, le amiche, gli insegnanti, il datore di lavoro, l’uomo ideale o il medico della commissione.
Avrei potuto approfittare dell’albinismo molte più volte di quelle che si possa pensare ma ero troppo orgogliosa e occupata a lamentarmi per essere nata così, non solo così diversa e svantaggiata ma anche con la sfiga di avere un carattere impetuoso, schietto e vivace in un corpo che fa fatica a stargli dietro.
La verità è che chiunque abbia un handicap, un limite può fare la gatta morta.
L’albinismo offre tra le altre anche questa possibilità. Tutto sta in chi sei veramente.
Non c’è corrispondenza tra il mio fuori, pallido, sbiadito, fragile e il mio dentro deciso, risoluto, propositivo.
Data una circostanza avversa tutti possiamo scegliere se fare le vittime oppure prendere la vita di petto.
Il fare le vittime spesso nasce da una famiglia che ci ha trattato da “vittime” indifese, che ci ha viziato con l’idea di non farci mancare niente e non farci sentire diversi e che in questo modo ci ha proprio fatti sentire diversi.
Lo riscontro spesso in alcune persone albine. Intendo la tendenza a piangersi addosso e a pensare che tutto gli sia dovuto.
Conosciamo bene tutti la poca collaborazione da parte delle istituzioni e della sanità nei confronti della nostra condizione, sappiamo che forse dovremmo avere tutti lo stesso diritto, in tutte le regioni d’Italia, sappiamo che utilizziamo le creme solari ad altissima protezione non come cosmetico ma bensì come presidio curativo e preventivo; sappiamo che non avendo molti di noi la patente dovremmo forse avere diritto ad agevolazioni con i mezzi di trasporto e tanti altri aspetti.
Un piccolo consiglio per affrontare l’albinismo
In ogni caso trovo che presentarsi sempre con un profilo eccessivamente basso e dimesso sia controproducente nella nostra vita di tutti i giorni oltre che un insulto alla nostra intelligenza.
Le battaglie che combattiamo ogni secondo della nostra vita vanno affrontate con coraggio e apertura.
In alcuni casi può essere utile come si suol dire “marciarci un po’ sopra” alla situazione del “non vedo bene, non posso stare al sole, ho molti problemi, gli altri non mi capiscono, mi prendono in giro ” ecc ma il mio consiglio è: ATTENZIONE, prima di fare ciò, siate consapevoli e badate bene a non abituarvici a questo trattamento di favore, a non dare nulla per scontato, allo scindere la realtà dalla finzione, a capire se questo vantaggio vi avvantaggia davvero o vi rende deboli, a non diventare passivi e dipendenti da nessuno e ad essere felici.
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Confermo quello che dici il mio carattere forte e schietto cozza con il mio aspetto ma confesso che da adolescente 2 o 3 volte ho usato questa tecnica, della “poverina com’è dolce non lo ha fatto di proposito” per tirarmi fuori dai guai. Ma non lo consiglio come hai detto risulta controproducente nel tempo.
Dobbiamo essere consapevoli di chi siamo davvero per poi essere in grado di gestire ogni situazione. D’altronde la gente vede quello che gli fai vedere.