cambiamenti climatici e deforestazione

Cambiamenti climatici e deforestazione – un pericolo per gli albini

Sono ormai diversi anni che si parla di cambiamenti climatici, deforestazione e surriscaldamento globale soprattutto in termini di pericolo per l’ambiente e per gli esseri umani. Solo negli ultimi 6-7 anni si stanno intensificando le proposte ed il rumore mediatico attorno al tema della salvaguardia delle persone più fragili, come sono le popolazioni che vivono in condizioni disagiate, povere economicamente, lontane dai servizi di prima necessità e spesso con una culturale locale ricca e radicata ma poco efficace ed evoluta per i propri abitanti. Tra le persone “fragili” ci sono anche le persone con disabilità e tra queste gli albini in Africa, Sud America e Asia, che più di altri risentono e risentiranno di questi cambiamenti atmosferici dei quali l’uomo ha ormai perso il controllo.

Muluka Anne Miti-Drummond è un’avvocato zambiano che dal 2021 rappresenta e combatte per i diritti delle persone con albinismo del suo continente all’interno delle Nazioni Unite come esperta indipendente.

Durante l’ultimo Concilio sui diritti umani delle Nazioni Unite del 2023, sono stati ribaditi i concetti per i quali le persone con albinismo hanno un urgente bisogno di dispositivi di protezione dai raggi UV, sul modello di molti Paesi europei, e che questi dispositivi, quali soprattutto le creme solari con fattore protettivo SPF 50+ non sono cosmetici ma bensì dispositivi medici salvavita.
Grandi lavori di sensibilizzazione culturale sono stati fatti in Madagascar e l’obiettivo è quello di ripetere anche in altri Paesi africani.

Cambiamenti climatici – impatto sull’albinismo

In che modo dovrebbero impattare i cambiamenti climatici sulla persone albine?
Quando si parla di cambiamenti climatici in senso generico si racchiudono una serie di fenomeni che, monitorati nel tempo, hanno registrato dei cambiamenti in senso negativo per il pianeta, tra questi mutamenti il primo in ordine di gravità e causa di altri micro cambiamenti abbiamo il surriscaldamento globale.
Ho sempre detto di come caldo non significhi sempre sole, una persona albina può stare al caldo se lo tollera, ma non può stare altrettanto a lungo al sole o sotto i raggi UV. Il problema è che qui si parla proprio di sole (le piogge sono sempre meno, le belle giornate limpide in inverno sempre più frequenti e non ci sono più gli inverni rigidi di una volta, come ripetono i nostri genitori e nonni).

Non solo ci sono più ore di sole durante l’anno ma il sole stesso è mutato parecchio rispetto a 30-50 anni fa. Ormai tutti parlano di un “sole malato”, ma cosa significa esattamente?
Alcuni studiosi, come il fisico Prof. Antonino Zichichi non sono d’accordo con gli scienziati che attribuiscono la maggior parte della colpa del surriscaldamento globale all’attività dell’uomo, ma contempla la possibilità che siano in corso dei fisiologici cambiamenti da parte dello stesso sole. Certo, lo studioso sostiene che dobbiamo comunque intervenire in maniera sensata ed intelligente contro l’inquinamento perché non è salutare ma anche che non ci sono prove scientifiche di quanto detto sopra.

Detto questo rimane l’effetto del buco dell’ozono che ha reso il sole “malato” come si suol dire, ossia più aggressivo ed intenso rispetto alla prima metà del secolo scorso, quindi venendo a mancare sempre di più lo strato di ozono che faceva da filtro tra la terra e il cielo, i raggi ultravioletti penetrano con maggiore facilità.

Se questo è pericoloso per tutti gli esseri viventi, possiamo immaginare come lo sia per le persone affette da albinismo. E ancora di più in zone dove non esiste la cultura della protezione e dove superstizioni e leggende dominano ancora.

Deforestazione  – impatti sull’albinsimo

Anche la progressiva deforestazione del verde naturale crea conseguenze indirette sulle persone con albinismo.
Questo fenomeno, anch’esso parte dei cambiamenti ambientali degli ultimi anni, ha tra le maggiori cause, secondo gli esperti, la iper edificazione e le manie di espansione dell’essere umano che è un animale da città più che da campagna.

Gli alberi, i boschi e le piante in generale sono ombra naturale per gli animali e gli esseri umani. Quante volte noi albini ci siamo salvati grazie ad un albero? Io proprio qualche sabato fa sono stata per la prima volta nella piscina esterna della mia città, ed il motivo per cui non ci ero mai stata prima è che temevo di rimanere per ore sotto il sole cocente, consolata solo da un misero ombrellone affittato e nemmeno anti UV. E invece no, qualche albero ce l’ha anche lei e piccoli metri all’ombra anche, così ho potuto passare la mia mezza giornata in tranquillità. E che dire delle pinete sulla spiaggia? Come quella di Pescara che ho visitato lo scorso anno in occasione di un raduno di Albini in Italia, il top!!

Potrei fare mille altri esempi, fai un’escursione in collina o montagna e fai pranzo al sacco, meglio sotto gli alberi no? Oppure hai bisogno di metterti la crema solare in mezzo alla natura, se non ci fosse neanche un po’ d’ombra saresti costretto a sacrificare i primi 15-20 minuti della tua vita e pelle dopo l’applicazione, perché lo ricordo: una persona che non sviluppa melanina ha necessità di attendere un po’, circa 15-20 minuti, prima di esporsi al sole dopo l’applicazione del filtro solare, non è che la mette e si butta subito in mare, cioè può farlo ma i primi minuti la pelle non è protetta perché la lozione non è ancora del tutto penetrata nella pelle.

Insomma l’ombra è vitale per noi: con questo non voglio esasperare il problema, gli albini possono stare al sole per un determinato tempo e con le adeguate protezioni, ma quei pini, quelle querce, quei magnifici boschetti, oltre a ricaricarci di ossigeno danno anche respiro alla nostra pelle, alla nostra ansia e stress, sì l’ansia di dover stare sempre a spalmarci la crema, sempre all’erta sulla protezione.

Albini in Africa e superstizione

Il problema del surriscaldamento globale e della deforestazione vanno esaminati in un contesto più ampio in questo caso. Infatti nel continente Europeo, per fare un esempio il problema della fragilità delle persone albine e anche delle persone disabili in generale, è meno forte. Certo, nel mio blog e nei miei canali spesso denuncio alcune lacune del mondo sanitario, e cerco di portare luce sulle problematiche delle persone albine che ancora incontrano ostacoli burocratici durante il percorso di diagnosi e successivi iter terapeutici, (pensiamo alle innumerevoli ed inspiegabili differenze da regione a regione, da Asl a Asl e da medico a medico), però possiamo confermare che qui le cose sono diverse e vanno decisamente meglio, per intenderci un albino europeo non teme per la sua vita perché delle stupide credenze popolari lo considerano portatore di fortuna o addirittura figlio del demonio.

Questo invece è quello che accade ancora in alcuni Paesi dell’Africa, come Tanzania, Sud Africa e Zimbawe, soprattutto nei remoti villaggi dell’entroterra, dove l’informazione viene vista come nemica e la superstizione è ancora uno dei capisaldi della cultura locale.
La superstizione porta a letali conseguenze per coloro che hanno un aspetto diverso dalla maggioranza e gli albini sono tra questi. La superstizione è veicolo di ignoranza perpetrata e tramandata nel tempo e l’ignoranza fà sì che le persone albine non possano avere accesso a quei servizi sanitari che in Europa e America sono un diritto acquisito, come i controlli periodici sia della pelle che della vista, la fornitura gratuita di dispositivi di protezione come le creme solari e le raccomandazioni di evitare l’esposizione nelle ore più soleggiate della giornata, che un medico competente dovrebbe fornire.

Non pensiamo infatti che l’ignoranza sia solo della popolazione, purtroppo, a volte i medici stessi hanno ricevuto una formazione “vacillante” e soprattutto si lasciano trasportare anche loro dalle credenze popolari, insite in loro.

Cambiamenti climatici e disabilità – le prospettive per il futuro

Quello che è certo è che si deve fare qualcosa e per fortuna la macchina è già stata messa in moto verso quella direzione.

Secondo il programma di ricerca guidato da Sheryl Reimer-Kirkham, professoressa di infermieristica alla Trinity Western University e da Barbara Astle, sua collega tra le altre cose esperta di diritti umani e albinismo nel contesto dei cambiamenti climatici ed Ikponwosa Ero, albina e avvocato, la prima esperta delle Nazioni Unite in fatto di albinismo dal 2015, con il coordinamento di Meghann Buyco, anche lei albina attivista per i diritti delle persone con albinismo, è in corso un partenariato internazionale e transdisciplinare che mette in primo piano il tema dell’albinismo come priorità.

Cosa possiamo fare noi invece nel nostro piccolo?
Parlare, parlare e ancora parlare, informare dove possibile, ricercare e non smettere di divulgare, con ogni mezzo, non c’è bisogno di un mezzo di comunicazione come giornale, TV o canale social, è ottimo parlare con i medici, con il reparto scolastico, alla posta, al supermercato, con la gente comune in modo che si sappia chi sono veramente le persone albine e di cosa hanno bisogno.

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Mi chiamo Roberta e sono nata con albinismo oculo-cutaneo. Oggi parlo ai genitori, agli educatori, ai medici e a tutta la popolazione perchè vorrei un mondo consapevole, preparato e accogliente.

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