viaggi per ipovedenti

Un’albina a Malaga. Parte 1.

Ma chi l’ha detto che una persona con albinismo, per di più, una ragazza, non possa intraprendere un viaggio da sola, anche all’estero?

È vero, sono ipovedente e ho un pessimo senso dell’orientamento eppure non posso e non voglio dipendere sempre dagli occhi di qualcun altro.

In realtà c’è da dire che fare viaggi da soli è qualcosa che non tutti concepiscono, al di là della questione visiva. Per quanto mi riguarda è stata una sfida personale soprattutto, oltre che la necessità di staccare la spina e godermi una settimana in completo relax senza paletti e regole precise.

Così ho prenotato: volo Ryanair diretto da Torino, da venerdì a venerdì. Ho scelto dal 10 al 17 giugno perché c’erano gli orari più comodi per me, per una che non aveva mai affrontato un viaggio sola e che non vede bene, insomma non me la sono sentita di arrivare la sera col buio per questa prima volta. Quindi era perfetto, partenza da Torino ore 10.10 (devo tralasciarlo o no che il gate chiudeva alle 09.30 e io sono arrivata alle 09.30?).

L’arrivo in un Paese straniero

In poco meno di due ore ero a Malaga, nella rovente città andalusa che ha dato i natali a Pablo Picasso.
Dunque dovevo dirigermi verso la casa prenotata su Airbnb. La domenica precedente, invece che uscire con gli amici, l’avevo passata a vedermi tutte le cose interessanti da fare e soprattutto a raccogliere info importanti quali le indicazioni stradali per i luoghi principali del mio mini programma, e andare a casa rientrava tra queste info importanti. Così ho contattato Iris, la proprietaria della casa che è stata gentilissima, mi ha informato che non sarebbe stata in città nella settimana della mia permanenza ma che la sua coinquilina mi avrebbe accolta e spiegato tutto.  Iris si è inoltre premurata di darmi le indicazioni scritte su come arrivare alla casa dall’Aeroporto di Malaga, per la serie “giri a destra e poi a sinistra ecc”.spiaggia della Malagueta Malaga

Mi sentivo in confidenza quella mattina a parlare con Iris, tanto che, seppure non richiesto e non necessario, ho deciso di aprirmi e di dirle che venivo da sola, che era il mio primo viaggio all’estero in solitaria e soprattutto che sono ipovedente. Le ho fatto capire che cercavo consigli e cose da fare così mi ha subito mostrato il lato più bello di Malaga, quello della movida e dell’accoglienza degli stranieri dicendomi che al giovedì in un bar caffetteria vicino casa organizzano sempre dei meetup internazionali per praticare inglese o altre lingue.
Perfetto –  ho pensato – ci vado, così il giovedì sera ce l’ho già programmato. Poi ho scoperto che questi meetup c’erano in realtà tutte le sere, almeno dal lunedì al venerdì e che ogni sera cambiavano locale. Sono super economici e ti danno la possibilità di conoscere nuove persone. Ma questo l’ho scoperto strada facendo. Ancora prima di partire guardavo tutti i giorni la pagina Facebook dell’evento e degli organizzatori per capire se erano eventi molto frequentati e se aggiungevano qualche nuova foto o dettaglio.
Questa cosa degli eventi mi ha emozionata e tranquillizzata allo stesso tempo comunque.

Ma passiamo all’arrivo alla casa: prima di tutto Iris me l’aveva detto di svoltare subito a sinistra una volta uscita dal trenino che dall’aeroporto portava in centro, ma evidentemente il mio concetto di sinistra è un po’ da rivedere visto che mi ostinavo ad andare dritto, comunque da questo viaggio ho finalmente imparato ad utilizzare abbastanza bene Google Maps e a capire da che direzione andare esattamente, come vede lui le rotonde, le deviazioni e il suo concetto di 300 m.

I citofoni in Spagna

Il mio consiglio ad un ipovedente, ma anche no, che intraprende un viaggio all’estero è quello di leggere e informarsi molto su come funzionano le cose in quel Paese di destinazione. Io lo sapevo eh che in Spagna non li scrivono i nomi sui citofoni, ma invece del cognome scrivono un codice univoco che è dato da una lettera ed un numero che indicano precisamente il piano e la porta, così non ti sbagli. Io però me l’ero dimenticato completamente e continuavo a guardare con la valigia e sotto il sole rovente delle 13.50 l’indirizzo che mi diceva che io ero al 23A quando quella Calle (quella Via) aveva a malapena il n° 2 come numero civico mentre i dispari neanche c’erano.
Fino a che chattando su WhatsApp con la coinquilina di Iris che mi aspettava prima di uscire di casa ho capito che dovevo andare al numero civico 2, al piano 3 e alla porta A, in pratica ero già lì, senza andare ulteriormente avanti e indietro.

In spiaggia a la Malagueta

Finalmente me ne vado al mare, all’orario che voglio io e dove voglio io, camminando camminando trovo anche un po’ casualmente la zona della spiaggia che per il momento, siamo ancora al primo giorno, il pomeriggio dell’arrivo, volevo solo andare a vedere dov’era. Questo vagabondare mi fa scoprire che alle 18 passate la spiaggia cittadina de la Malagueta ha una zona d’ombra coperta dai palazzoni che nascondono il sole quindi decido che il giorno dopo ci sarei andata a quell’ora e così feci, questa volta però ci sono andata con il bus, come indicato da Google Maps, tre fermate, per carità, ma sempre meglio che farsela sotto il sole per una che ha la pressione sotto i piedi. Ci sto un’oretta o poco più e vado anche in acqua affidando il mio povero zaino ad un gruppo di amici che mi ispirava fiducia e che alla mia domanda “State ancora tanto qui?” uno di loro mi ha risposto:” Sì qualche giorno, siamo appena arrivati” e io “No intendevo qui in spiaggia”.
Povero zaino perché ho avuto la brillante idea di usarlo come cuscino per riposarmi, sì dopo essermi appena spalmata la mia crema solare Avene 50+ sulla schiena. E la crema solare è un po’ come l’olio, fa fatica ad andare via, non basta mica un po’ d’acqua.

 

ragazza albina seduta su una architettura andalusaL’inglese ci salverà

Che ti piaccia o no, l’inglese è la lingua internazionale per eccellenza e se sei ipovedente il mio consiglio è quello di saperlo parlare e capire come la tua seconda lingua madre, come se tua madre fosse di Bristol e tuo padre di Oxford. Dico questo perché quando sei ipovedente parti un po’ svantaggiato ma se sai l’inglese riuscirai non solo a farti capire meglio ma anche a godere di alcune attrazioni senza dover utilizzare gli occhi. Le lingue sono uditive, ad esempio, sia al museo Picasso che al Pompidou di Malaga c’erano delle installazioni con interviste e racconti a video in inglese degli artisti, con sottotitoli in spagnolo a volte. Beh, se tu sai l’inglese non ti importa cosa ci sia scritto e nemmeno di dove sei seduto, ascolti l’intervista e capisci tutto. Il mio inglese è da migliorare e me ne sono resa conto agli incontri di intercambios, così si chiamano queste serate internazionali.

Certo, se tu impari l’inglese ci vuole poi qualcuno dall’altra parte che lo capisca e in Spagna non è sempre così, ma questo è un altro discorso. Per cui se avete figli che vanno male in matematica non importa, ma per favore, fategli imparare l’inglese. Io per il momento mi sono arrangiata con mezzo inglese e mezzo spagnolo.

La storia continua nella parte 2.

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Mi chiamo Roberta e sono nata con albinismo oculo-cutaneo. Oggi parlo ai genitori, agli educatori, ai medici e a tutta la popolazione perchè vorrei un mondo consapevole, preparato e accogliente.

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