Con molto piacere oggi vi presento Cristiana Cerroni, autrice del libro “La bambina di neve” autobiografia auto prodotta (a significare che chi fà da sè fà per tre) e disponibile su Amazon.
Ho avuto modo di incontrare Cristiana già in una diretta Instagram incentrata sulla sua vita e sulla sua visione dell’albinismo, cosa che mi incuriosiva molto, perché ognuno di noi ha una diversa prospettiva in base al proprio vissuto e alla propria indole.
Oggi ci concentriamo sul libro, nel quale Cristiana, 52 anni di Tolfa (RM), ex educatrice per bambini con disabilità, ha aperto tutti quei cassetti che erano rimasti serrati o semi chiusi per molto tempo e ha regalato al mondo una storia di riscatto senza filtri, accettando ogni conseguenza del mettersi a nudo.
Sono ancora pochissimi i libri sull’albinismo in lingua italiana, in generale in Italia se ne parla ancora poco, vedo invece molte più produzioni in lingua inglese e spagnola, ma Cristiana ha contribuito ad incrementare il numero dei lavori scritti su questo tema.
Ciao Cristiana, come è nata l’ idea di una autobiografia?
Perciò ho preso coscienza del fatto che la mia vita si fosse già trasformata in un libro, redatto sotto forma di autobiografia.
C’è un periodo della tua vita al quale dedichi più spazio nel libro proprio perché in quel periodo sono accadute le cose più significative per la tua svolta?
Per i suddetti motivi, ero una bimba estremamente timida ed introversa, con molti problemi di socializzazione e di interrelazione. Ciò si è protratto fino agli anni della giovinezza quando la rabbia che covava sotto la cenere è esplosa ed ho provato il bisogno di cambiare e di ricominciare da zero, per poter rinascere.
Lentamente, la me bambina, isolata e triste, ha lasciato il posto ad una donna, che ha saputo realizzarsi nello studio, nel lavoro e nella costruzione di legami interpersonali sinceri e duraturi.
Quali sono le figure che ruotano attorno alla protagonista ed in che modo interagiscono con lei?
La figura più importante è certamente quella di mia madre. Quando nacqui, non si conosceva nulla dell’albinismo perciò lei dovette improvvisamente farsi carico di una bambina dalla pelle lattea e gravemente ipovedente. Per la mamma fu assai difficile affrontare ed accettare la situazione, anche perché si trovò completamente sola. Mio padre era oberato di lavoro, si dedicava anima e corpo alle professioni di medico generico e di cardiologo e, nei primi anni della mia vita, non le diede il supporto, del quale avrebbe avuto bisogno. Nemmeno la sua famiglia fu in grado di sostenerla: era una famiglia disfunzionale, disturbata a livello di relazioni e di rapporti interpersonali. Mia nonna soffriva di una grave forma di depressione e la mamma dovette per giunta occuparsi anche di lei. Quindi si ritrovò completamente isolata nel dover affrontare le molteplici problematiche che una bimba albina portava con sé.
Durante la prima infanzia, ho ricordi dolcissimi e tenerissimi riguardo al nostro rapporto: mi comprava ogni sorta di giocattolo, mi portava a spasso in macchina ed insieme cantavamo canzoni a squarciagola, intrecciava fili d’ erba per costruire una corona da pormi sul capo, andavamo al cinema, al circo, alla Standa…
Poi tutto cambiò. Le enormi difficoltà, cui si era trovata di fronte, la solitudine ed il non facile rapporto con i miei nonni stravolsero la sua personalità. Cominciò a soffrire di crisi d’ ansia e di attacchi di panico; la dolcezza sparì, lasciando il posto ad una intolleranza e ad un nervosismo i cui effetti ricaddero principalmente su di me dato che stavamo sempre insieme. Ho ricordi dolorosi e angoscianti di quel periodo anche se, pur con estrema fatica, la mamma continuò ad occuparsi delle mie esigenze di bambina speciale.
Solo molto tempo dopo, grazie alla psicoanalisi è riuscita a guarire, tornando ad essere la donna forte e combattiva di sempre. Ha continuato a sostenermi, leggendo libri per me, parlando con i professori, guidandomi da lontano, quando sono entrata nel difficile mondo del lavoro. Tuttora siamo molto legate, sebbene non viviamo più nella stessa casa: usciamo a fare compere, chiacchieriamo e molto spesso litighiamo ma senza la veemenza, l’ acredine e l’ intolleranza dei tempi passati: bastano pochi minuti e torna la pace.
Alla fine, nonostante le enormi montagne da scalare, entrambi i miei genitori hanno imparato ad accettare pienamente la mia disabilità e sono tuttora ancore di salvezza, cui mi aggrappo, nei momenti difficili, che caratterizzano la mia esistenza.
Oltre alla tua storia personale, ci sono episodi, situazioni o eventi che ti hanno influenzato o da cui hai tratto ispirazione durante la stesura del libro? Anche un film o un’ altra autobiografia?
Se dovessi dare un numero, quale percentuale occupa l’ albinismo in questo libro?
Credo che se non fossi nata albina, il libro non sarebbe esistito. Questo per spiegare che le tematiche legate all’ albinismo con tutte le sue conseguenze (ipovisione, ambliopia, fotofobia, ipermetropia, nistagmo, assenza di melanina, episodi di bullismo, relazioni familiari o interpersonali) permeano il libro dalla prima all’ ultima pagina. Quindi, direi che l’ albinismo ed i suoi” derivati” specie l’ ipovisione sia sotteso ad ogni esperienza vissuta, comprese quelle legate al lavoro svolto con i bambini disabili: se sono costretta a formulare una percentuale, direi che un 100% tondo tondo sia d’ obbligo.
Come viene descritto l’albinismo attraverso gli occhi della bambina di neve?
Soltanto a 18 anni, ho deciso di voler capire meglio la mia condizione, e tramite la lettura dei testi di medicina di mio padre, ho finalmente scoperto di essere albina e di portare con me tutte le caratteristiche della sindrome, in primis i problemi di vista.
Hai in mente di scrivere altri libri?
Non ho ancora in mente alcun soggetto per ora, pero’ … mai dire mai!!!
Grazie mille Cristiana e ancora complimenti per il coraggio di metterti in gioco.
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