Mi è stato consigliato questo film sull’albinismo e ho deciso di guardarlo. L’ho trovato su Rai Cinema Challenge in modalità free, per cui in un pomeriggio già abbastanza buio e desolante di suo mi sono fatta questa scorpacciata di gelo e neve e ci tengo a precisare sin da subito una cosa: questo NON è un film sull’albinismo. Ma ti dirò di più, nemmeno il protagonista Noi è albino, sebbene il titolo del film di Dagur Kari uscito nel 2003, tradotto dall’islandese significa Noi, l’albino.
Evidentemente in Islanda hanno un’idea spaventosamente distorta dell’albinismo, quasi più retrograda di quella dell’Africa, altrimenti le madornali incongruenze non si spiegano.
Se vuoi sapere perché un’albina doc ti dice che Noi non è albino, continua a leggere l’articolo.
L’aspetto del protagonista
Sono io stessa, albina oculocutanea a ribadirlo spesso sul blog e sui miei canali, che non tutti gli albini hanno i capelli bianchi e le iridi tendenti al rosso, ma a mio parere la scelta di un protagonista pelato in questo caso funge da espediente per evitare di selezionare un attore con caratteristiche più “albine” (che nei paesi nordici non dovrebbe essere difficile trovare) e per lasciare volutamente vaga ogni interpretazione.
L’attore, Tomas Lemarquis, ha semplicemente una morfologia del cranio particolare, un po’ aliena forse, quindi secondo la mia sensazione si è voluto fare il ridicolo accostamento albino = strano, senza tenere conto che la nostra stranezza tipica sta nel colore e non nella forma.
Se questa sua caratteristica doveva essere marcatamente presente, tanto da dettare la scelta del titolo, allora un dettaglio almeno doveva essere rappresentato e nell’immaginario comune, oltre che nella realtà, l’albino è colui che ha i capelli bianchi e ciglia bianche.
Le caratteristiche oculari dell’albinismo
Va bene che non bisogna generalizzare ma signori, Noi non ha una, e dico una, caratteristica tipica dell’albinismo: non ci sono cenni all’ipovisione e nemmeno riferimenti nelle scene, anzi, il protagonista guida tranquillamente la macchina scorrazzando per le strade innevate e buie di quel paesino sperduto in cui il film è ambientato. Mai che avvicini agli occhi un oggetto o un foglio, quando legge lo fa come qualunque altro essere che vede 10/10.
Non si nota il nistagmo nei suoi occhi e nemmeno un lieve strabismo, anzi, gli occhi sono sempre centrati e perfettamente fermi.
Ok che in Islanda in inverno ci saranno 3 o 4 ore di luce al giorno, ma con tutto quel bianco del paesaggio innevato non si percepisce un minimo di fastidio alla luce da parte del protagonista, non porta occhiali né da vista né da sole e non stringe mai gli occhi.
Mettiamo che il regista abbia voluto rappresentare un albino oculare o un albino molto fortunato con più di 3 decimi (fenomeno più raro che mai e di cui io non ho conoscenze dirette), in ogni caso potrebbe avere magari 4 o 5 decimi, ma questo comporterebbe comunque un minimo di stress visivo. E poi se è davvero albino perché non viene mai detto?
La genialità del disabile – un classico che non muore
Ci ho fatto un articolo ironico (ma neanche più di tanto) sulla presunta superiorità intellettiva degli individui albini, e questo concetto può essere esteso a diverse disabilità, come l’autismo.
Noi non è rappresentato infatti come disabile, ma piuttosto come ribelle disadattato, un genio nel risolvere velocemente il cubo di Rubik e tutto questo per esaltare la sua diversità.
Un cliché insomma, di cui non avevamo bisogno, anche perché non ci sono rilevanze scientifiche su un quoziente intellettivo superiore alla media da parte degli albini.
Per concludere se ti incuriosiscono i film di nicchia dai toni cupi allora puoi dedicare 90 minuti del tuo tempo a questo film ma se invece speri di scoprire qualcosa in più sul mondo dell’albinismo lascia perdere e piuttosto affidati ad un documentario su questo tema oppure continua a seguire il mio blog.
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